“[…] impensabile che un videogioco dai contenuti simili venga commercializzato e distribuito nel nostro Paese […] Credo sia perversa la mente di coloro che hanno ideato e realizzato un videogame del genere.”
Walter Veltroni
“Speriamo di poterci muovere con un controllo preventivo sull’immissione in commercio dei videogiochi […] sia un intervento penale, che è indispensabile, sia un intervento amministrativo e commerciale attraverso tale controllo possono essere elementi di deterrenza. […] [Il sequestro] è possibile solo dove è configurabile un’ipotesi di reato, come l’istigazione a delinquere”.
Clemente Mastella
È una cosa che fa spesso discutere. Esistono delle storie che non ci lasciano indifferenti, delle storie che rovistano nel profondo del nostro animo alla ricerca delle cose più oscure che si agitano dentro di noi: paura, ribrezzo, indignazione, ma anche quell’inaccettabile senso di compiacimento. Esistono delle storie che hanno segnato un’epoca ed hanno creato dei grossi problemi al mezzo di espressivo stesso col quale venivano narrate. Ci sono passati i libri, poi è stata la volta dei film, poi i fumetti, a seguire i film di animazione (che non ne sono ancora usciti), ora è il turno dei videogiochi.
Qual è il problema? In cosa Rule of Rose è più pericoloso de Le sventure della virtù di Sade?
Chiunque può procurarsi il libro di De Sade in libreria, anche a dodici anni con l’unico effetto che i genitori del malcapitato lettore (è un libro orrido) penseranno «wow sta leggendo un libro!». Ma, si sa, i libri sono roba per adulti (!!!) mentre i videogiochi no, i videogiochi fanno parte di quell’insieme di cose che con la scuola ed i cartoni animati è deputato ad educare i nostri figli al posto nostro (che siamo tanto occupati).
Ed allora? Ed allora si rispolvera l’indice dei libri proibiti e lo si applica ai nuovi mezzi di comunicazione, senza pensare che se una censura assoluta fosse stata applicata seriamente alla creazione ed alla distribuzione di fumetti (per esempio) non avremmo mai avuto capolavori come Sin City (tanto per citarne uno) e sarebbe stata una gravissima perdita. Abbiamo visto produrre e realizzare anche un sacco di boiate, ma questo è il prezzo da pagare.
Forse sarebbe invece il caso di preoccuparsi che i nostri figli sviluppino uno spirito critico autonomo, sarebbe meglio guidarli affinché scoprano il mondo gradualmente e siano in grado di leggere la Bibbia e le memorie di Ghandi, ma anche De Sade, senza diventare santi o psicopatici…
Ma chi ha il tempo?